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Isaac Asimov


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Teoria delle stringhe Richard Feynman
Zen La formazione di un allievo
Musica Supper's Ready

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Teoria delle stringhe La teoria delle stringhe è un approccio teorico che cerca di unificare la meccanica quantistica e la relatività generale, propone che le particelle fondamentali siano minuscole stringhe vibranti, le cui vibrazioni determinano le proprietà fisiche
Zen Lo Zen è una scuola e una pratica che si basa sulla meditazione e sulla esperienza diretta, andando oltre la logica e i concetti razionali
Musica La musica è il linguaggio dell'anima che con un intreccio di suoni e silenzi, accarezza il cuore e racconta infinite emozioni

L'interazione tra la Teoria delle stringhe, lo Zen e la Musica

La teoria delle stringhe offre una visione del mondo che sfida le nostre percezioni tradizionali proprio come i principi dello Zen.
Entrambi ci chiamano ad esplorare la realtà oltre alle apparenze, suggerendoci, anzi, "dimostrandoci" che tutto è interconnesso.
Nella musica questa interconnessione è manifesta e si mostra attraverso le vibrazioni e le armonie esattamente come le stringhe che vibrano nell'universo.
Lo Zen, con il suo focus sul presente, risuona con l'idea quantistica che l'osservatore influisce sulla realtà.
Così, la musica diventa un mezzo per esperire questa distanza cosmica, unendo scienza, filosofia e arte in un'unica sinfonia di esistenze.

Richard Feynman


Percorso tematico di appartenenza: Teoria delle stringhe > Richard Feynman



Richard Feynman non è solo uno dei padri dell’elettrodinamica quantistica. È il ragazzo del Queens che smonta radio “per sentire come pensano”, il professore che riempie le lavagne di scarabocchi misteriosi, il Nobel che suona i bonghi fino a tarda notte. Un essere umano che ha preso sul serio una cosa sola: il piacere di capire.
Feynman riassume tutto in una sola frase: "La realtà è più grande di come la vediamo".
Richard Feynman guarda il mondo come un bambino ostinato: fa domande, rompe gli oggetti, sfida le spiegazioni “perché è così”. Per lui la fisica non è un tempio per iniziati, ma un gioco serissimo aperto a chiunque sia disposto a pensare con le proprie forze.
Nelle sue lezioni – quelle che diventeranno "The Feynman Lectures on Physics" – non sta “semplificando” la fisica: sta mostrando che dietro ogni formula c’è un gesto mentale che chiunque può imparare. È l’idea che la meraviglia non vada protetta dalla complessità, ma va "illuminata" e per questo continua a ripetere: “Non devi fidarti dell’autorità, devi vedere se le cose tornano”, ed è un invito diretto: non adorare le equazioni, usale!

Nell'elettrodinamica quantistica, che descrive come la luce e la materia danzano insieme con una precisione assurda, districarsi nella sua matematica complessa era come vagare bendati in un labirinto, e così Feynman inventa allora un linguaggio grafico: linee, vertici, frecce. I diagrammi di Feynman, che non sono fumetti dell’Universo: sono mappe.
Ogni segmento è una particella, ogni linea ondulata una forza, ogni incrocio una possibilità. Il tempo scorre in una direzione scelta, lo spazio nell’altra. In un rettangolo di carta, Feynman appiattisce un fenomeno quantistico a molte dimensioni e lo rende così facilmente calcolabile.

Richard Feynman fa questo: prende una realtà inaccessibile e la proietta in un mondo più semplice, ma senza tradirla.

Feynman non separa mai la scienza dalla vita. Suona, disegna, scherza, smonta casseforti a Los Alamos, studia il comportamento dei ponti che oscillano, delle persone e di quello che le persone "credono", analizza il disastro dello Shuttle Challenger davanti alle telecamere e dimostra con un bicchiere di acqua ghiacciata che la colpa è stata di un pezzo di O-ring. Il suo non è folklore: è coerenza. Se l’Universo è vibrazione, allora anche un tamburo, un bicchiere di vino o una strada polverosa del Brasile sono parte dello stesso esperimento.

La curiosità è l’unica disciplina, e pensando a Flatlandia... una Terra a due dimensioni... dove vediamo solo una sezione della realtà, Feynman ci ricorda che ogni fenomeno ha più strati di quelli che i nostri sensi concedono. I suoi diagrammi mostrano che si può parlare di cose difficili con strumenti semplici, ma solo se abbiamo il coraggio di cambiare il nostro punto di vista. Il suo modo di vivere dice che la conoscenza non è una "religione della serietà", ma un atto di gioco responsabile.

La frase non detta ma costante è questa: “Non limitarti alle ombre della tua dimensione ma vai a vedere cosa c’è dietro.”.



La formazione di un allievo


Percorso tematico di appartenenza: Zen



Un giovane allievo si presentò dal celebre Maestro per essere iniziato all'arte del Kendo. Per tutta risposta fu inviato con una scure a spaccar legna.
La pazienza e la costanza dell'allievo furono premiati dopo sei mesi, quando gli fu concesso di entrare nel Dojo ma esclusivamente per un singolare compito: avrebbe dovuto camminare senza mai sbagliare sulla stretta striscia cucita che unisce i vari tatami tra loro. L'allievo si applicò diligentemente per altri sei mesi, mentre vicino a lui gli altri allievi si battevano con le shinai, poi si rivolse al maestro: "Maestro, mi sono conformato ai vostri insegnamenti, ma sono venuto da voi per apprendere l'arte del kendo e non ho ricevuto, sino ad ora, nessun insegnamento specifico, sono deciso a partire". "Aspetta ancora un giorno"replicò il maestro, domani ti mostrerò il segreto del Kendo".
L'indomani i due si arrampicarono sulle montagne sino ad un punto in cui era richiesto, per passare sull'altro versante, attraversare un tronco gettato a mò di ponte fra i bordi di un precipizio. La corrente fragorosa di un ruscello scorreva parecchi metri più sotto.
Il maestro invitò l'allievo a passare sullo stretto ed improvvisato ponte, certamente più grande della sottile linea su cui aveva l'abitudine di camminare nel Dojo. Il giovane allievo preso dall'incertezza indugiava.
Nel frattempo arrivò dall'altra parte un cieco che, tastando con il suo bastone, attraversò senza incertezze.
Il giovane comprese prontamente ed attraversò a sua volta il ponte. " Vedi" - disse il maestro - "Ora sei libero di imparare la tecnica (Gi) da uno dei tanti maestri che esistono nel Giappone. Io ti ho costruito un corpo forte (Tai) e dato un giusto spirito (Shin)".


Supper's Ready


Percorso tematico di appartenenza: Musica > Genesis
Post pubblicato su Racconti di Musica



Ricordo benissimo: ero nel soggiorno della nostra casa, sprofondato nella poltrona vicino al tavolino dove c'era il giradischi della sala... che era un Philips...
Sul piatto c'era quel nuovo 33 giri (appena "scellofanato") e io ero pronto ad ascoltarlo, con le mie immense cuffie, come se fossi stato un astronauta in procinto di scoprire un nuovo pianeta.
Fantastico... arrivo alla fine del primo lato... la cosa che odiavo di più era il dovermi "risvegliare" per girare il disco. Ricordo che avevo visto da qualche parte un meccanismo che in automatico girava il vinile... però era costoso e funzionava solo con i giradischi seri, quelli di marca (quindi per me era sarebbe stato impossibile averlo).
Parte due. Horizons: un pezzo spettacolare di chitarra (che poi alcuni anni dopo avrei faticosamente imparato a suonare), e poi... inizia quel brano che cambierà tutto: Supper’s Ready. È lungo, complesso e misterioso (da quel punto in poi occupa tutto il resto del lato B di Foxtrot).
Già dalla prima volta capisco che quekka è più di una odissea musicale.
Ma andiamo con ordine.
“Supper’s Ready” comincia con “Lover’s Leap”, molto delicato: “Walking across the sitting-room, I turn the television off…”
Io sempre più sprofondato... vedevo quella coppia mentre arrivava la notte...
Quei pezzi furono composti all'unisono da Peter Gabriel, Tony Banks, Mike Rutherford, Steve Hackett e Phil Collins, proprio come una vera suite in sette parti, con cambi di ritmo, ambienti e narrazione interna e io, con la copertina del disco appoggiata al muro, ricordo che guardavo il soffitto sentendo che quelle note mi stavano portando altrove.
Dalla quiete si passa rapidamente in un mondo più strano. Con “The Guaranteed Eternal Sanctuary Man”, “Ikhnaton and Itsacon and Their Band of Merry Men”, “How Dare I Be So Beautiful?”, fino a “Willow Farm”, tutto cambia: ritmo, tonalità, voce, atmosfera. Le immagini evocano campi, profeti, rivolte, sale da ballo distorte, luci stroboscopiche interiori.
“Willow Farm” è decisamente folle, scherzosa, un contrasto netto con l’inizio: “If you go down to Willow Farm, to look for butterflies…”. È come se stessi seguendo un film in bianco-e-nero, ma con il suono che colora ogni scena.
Poi arriva la parte che mi ha lasciato senza fiato: “Apocalypse in 9/8”. Il titolo stesso è già un segnale. Musica serrata, tempo complesso (quel 9/8 che sembra un orologio che ticchetta verso la fine), voci che annunciano draghi, guardiani, battaglie. Il testo del brano e l’atmosfera indicano chiaramente che c’è molto più dell’amore: c’è il mondo, c’è la lotta, c’è il giudizio.
In quella fase della mia vita in cui tutto sembrava drammatico, immaginavo che anche il mio mondo interiore stava combattendo: desideri, paure e voglia di libertà, e quella musica lo traduceva chiaramente.
E poi la parte finale: “As Sure As Eggs Is Eggs (Aching Men’s Feet)”. Il ritmo rallenta, l’energia si ricompone, la battaglia è alle spalle. Le voci si levano, le tastiere si "elevano", e la sensazione è quella di tornare a casa, ma un’altra casa, una nuova casa (come il brano suggerisce).
Con gli occhi chiusi, immaginavo di essere il “lui” di Lover’s Leap che ha attraversato il caos per ritrovarsi cambiato e trasformato. Così anch'io, mi sentivo non più un semplice ragazzo ma qualcuno che aveva visto un paio di cose in più... almeno nella musica.

Ultimo aggiornamento domenica 9 novembre 2025


La migliore introduzione che potete trovare
al modo di percepire le dimensioni

Isaac Asimov




Con la Fisica si sta cercando di capire razionalmente come,
con lo Zen si sta cercando di capire,
e con la Musica... capiamo.